Chi sostiene che il miglior Panettone sia milanese sbaglia. Ad Acerenza in Basilicata il Panettone artigianale di Vincenzo Tiri è una istituzione. Un Panettone capace di vincere il primo posto come Panettone dell’Anno 2015 della GazzaGolosa e del Gambero Rosso.
Il Panettone Tiri ha 3 rinfreschi e 3 lievitazioni. Tre fasi di impasto per una somma di 40 ore di lievitazione, scorze di arance di Tursi. Solo dopo questo lungo, ma indispensabile processo i Panettoni di Vincenzo Tiri vanno in forno.
Una incredibile storia di successo nata in un paese di duemila anime.
Essere Vincenzo Tiri vuol dire produrre il panettone forse più buono d’Italia e quindi del mondo (sul sistema solare non giureremmo). Non lo diciamo mica noi ma le varie graduatorie che prima di Natale mettono a confronto le migliori produzioni nazionali e i differenti stili panettonistici. Vuol dire sfornare leggende in forma di dolce e fregarsene abbastanza del marketing. Perché lui il panettone lo fa in scala artigianale e non industriale in una piccola pasticceria-laboratorio in un paese sperduto in un ripostiglio d’Italia che ci assicurano proprio che esista: Acerenza, in Basilicata.
Vincenzo, classe 1981, ne produce poche decine al giorno, al massimo un centinaio o due, e sì che ha richieste da tutta Italia e da tutto il mondo (pare che in Giappone spopoli), e volendo potrebbe aprire altri laboratori e inondare l’orbe terracqueo ma lui preferisce così. Così il suo è il Gronchi Rosa dei panettoni, perché non vende online, non smercia nei negozi, accetta prenotazioni ma in genere fino a inizio dicembre, poi si smaltiscono gli ordini. Così che vuole un suo panettone nel periodo natalizio (per fortuna lo fa tutto l’anno e anche d’estate, quando lo consiglia in abbinamento a del buon gelato) deve mettersi in fila davanti al negozio, a volte anche all’alba, manco fossero i biglietti per il Coldplay. E l’ente locale del turismo ha commissionato una statua davanti alla cattedrale perché se Acerenza esiste sui navigatori è anche grazie a questo pasticciere ostinato.
Lui vuol vendere a qualcuno fortemente motivato ad assaggiare quel panettone prodotto con 72 ore di lievitazione (e non le 24 della produzione industriale) e con tre impasti (e non i due classici della scuola milanese), ciò che gli dona una morbidezza impareggiabile, e con una presenza moderata di uvette e canditi, peraltro realizzati rigorosamente con frutta lucana come le arance di Tursi. E nel poco tempo libero evade dalla Basilicata e va in giro per imparare, raccontare e trasmettere la sua arte, sedurre Gualtiero Marchesi, dialogare con Iginio Massari, discettare di lievito madre con Rolando Morandin. Per dire.